Dall'Affresco ai dipinti

Notizie e documentazione fotografica sulle tele della Madonna dell’Altomare furono raccolte nell’aprile 1999 mediante la compilazione di una scheda appositamente preparata. La ricerca fu in qualche modo la risposta all’interrogativo che mi ha accompagnato fin dal primo momento del mio servizio pastorale nel santuario come Parroco-Rettore:

Perché il forte contrasto tra l’affresco che si venera nel santuario e le riproduzioni che ne sono state fatte?

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Anche mia madre, molto devota della Madonna dell’Altomare fin dalla sua infanzia, nel 1958 volle incorniciare una immagine di carta a me donata in Seminario, per fame un quadro che ancora oggi è affisso alla parete nella sua stanza da letto. In questo quadro, che riproduce il modello più diffuso nelle case dei devoti fino agli anni ’80, sivede la figura della Madonna rivestita con abiti dai colori vivi e luminosi; l’affresco, invece, la mostra rivestita con l’abito di una monaca.

Cominciai da subito a fare domande in giro, ma le risposte non mi sembrarono mai convincenti. Qualcuno disse pure che, prima dell’ultimo restauro dell’affresco (1956), la figura della Madonna presentava i colori vivaci riprodotti nelle tele. Ma questa notizia mi parve subito poco fondata; nel frattempo P. Vincenzo Pinto, Dehoniano, mi consegnò una cartolina che riproduceva l’immagine della Madonna al tempo del furto degli ori ornamentali del quadro, avvenuto nel 1910 (vedi foto in ultima di copertina).

Inoltre, l’affresco dipinto nel catino absidale della chiesa nel 1898 dal pittore foggiano Raffaele Affaitati, ritrae la Madonna con l’abito monacale e senza alcun ornamento.

Quindi l’affresco non ha mai subito alcun rifacimento.

In più, molti devoti mi invitavano a vedere nelle loro case i quadri antichi e le tele della Madonna dell’Altomare che essi avevano ereditato da nonni e genitori. In molte famiglie di Andria ammirai tante tele ad olio della Madonna, alcune molto ben rifinite e altre meno belle nella fattura del dipinto e per i tanti elementi decorativi sovrapposti, non necessari e di fatto “deturpanti” la sacra immagine; nel contempo raccolsi anche notizie relative ai primitivi proprietari dei quadri, il che consenti di individuare alcuni elementi utili a risolvere il quesito iniziale. I più significativi di essi vengono pubblicati nel calendario 2007.

In occasione delle su menzionate due ricorrenze centenarie si pensò anche di allestire una mostra al fine di offrire all’ammirazione dei tanti frequentatori del santuario queste preziose testimonianze della devozione popolare verso la Madonna dell’Altomare. La Mostra fu ospitata nella biblioteca diocesana “San Tommaso d’Aquino” presso il Seminario Vescovile dal 16 al 30 maggio. Si vedal’articolo “Maria SS.ma dell’ Altomare nella pietà popolare.

A conclusione dell’esposizione, sabato 29 maggio, nella sala-teatro del Seminario, la prof .ssa Annalisa Lomuscio, archeologa, tenne una dotta conferenza sul tema “L’Iconografia Mariana nelle pitture delle chiese rupestri”.

Gli elementi raccolti nella ricerca da me effettuata nell’aprile 1999, senza alcuna specifica competenza professionale ma con grande passione pastorale, mi orientano a formulare una ipotesi di studio che forse potrà contribuire a spiegare la trasformazione della figura della Vergine nel passaggio dall’affresco alla riproduzione di essa su tela. Il popolo devoto sembra non aver mai voluto identificare la figura di Maria con quella di una monaca, e pertanto ha cercato sempre di riprodurne l’immagine descrivendola come un personaggio celeste e regale.
Infatti la prima operazione di questo tipo si ebbe all’epoca di Riccardo Carafa, Duca di Andria (1764-1797), quando fu realizzato un bassorilievo in pietra, ora collocato ai piedi della scalinata interna del santuario: Maria SS.ma vi è raffigurata con un ampio mantello e una corona regale, su un piedistallo con lo stemma dei Carafa, tra due sagome che potrebbero rimandare l’una al porticato e campanile e scalinata della chiesa del Carmine, e l’altra alla chiesa dell’Annunziata (identificabile dal piccolo campanile) che conserva al suo interno l’altare-santuario della Madonna della Pietà.

Inoltre, la stessa statua processionale del 1873 riproduce una figura ieratico-regale, rivestita di un abito dai colori luminosi.

Passando ora all’analisi delle tele esposte nella mostra, viene da chiedersi:

A quale modello il pittore si è ispirato nel dipingere la figura della Madonna dell’ Altomare?

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Mi è stato concesso di far fotografare (da Antonio Aduasio/stillstudio.it) un olio su tela, forse degli inizi dell’800, raffigurante un personaggio femminile dal portamento solenne, con lo scettro del comando nella mano destra, il libro nella mano sinistra e la corona regale sul capo. Mi si dice che trattasi di Santa Sofia venerata a Parigi, ma fin’ ora non mi è stato possibile avere alcun riscontro.
La tela fu rinvenuta in una casa della zona circostante il nostro santuario, nella quale abitava un tempo una famiglia nobile di Andria. Se per ipotesi il pittore avesse potuto disporre di questo modello, non deve essere stato per lui difficile riprodurre l’immagine di Maria SS.ma dell’ Altomare con la semplice trasformazione dello scettro in croce e con l’aggiunta della scritta “Maria SS.ma dell’ Altomare” sul libro, insieme con la data. È possibile che così sia avvenuto se consideriamo una tela che non ci fu consegnata per la mostra ma che fu ugualmente fotografata: è la stessa santa Sofia con la croce al posto dello scettro.

Altre due tele, ambedue datate 1876, riproducono la figura della Madonna in atteggiamenti meno regali e con tratti più materni. Una di queste era appartenuta alla famiglia del sacerdote Nicola Zinni, Parroco della SS.ma Annunziata tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, e abitante a metà strada tra l’Altomare e la parrocchia suddetta. È possibile immaginare una iniziativa del sacerdote Parroco della Parrocchia più vicina al santuario dell’ Altomare, il quale chiede al nobile signore di cui sopra di avere la tela di santa Sofia come modello per la riproduzione su tela dell’immagine sacra della Madonna?
Non è improbabile! La data del 1876 rimanda al tempo della costruzione dell’attuale chiesa dell’ Altomare, edificata nello spazio di soli due anni (1875-77); segno, questo, del grandissimo fervore della devozione popolare. I quadri più belli sono proprio di questo periodo.

E’ facile pensare che, a cantiere aperto, dietro l’esempio offerto forse dal Parroco Zinni, le famiglie abbiano fatto a gara per avere in casa l’immagine sacra della Vergine dell’Altomare su tela. Le notizie raccolte nel dialogo con le persone più anziane hanno evidenziato circostanze tali che permettono di ipotizzare che detti quadri mariani siano stati commissionati in occasione o della nascita del primo figlio o del matrimonio di un figlio.
E un’ipotesi affascinante!

I quadri datati posteriormente al 1880 tradiscono la mano di un pittore non di professione e pertanto disponibile a soddisfare le richieste dei committenti che all’immagine mariana fanno aggiungere l’ornamento di teste alate, merletti vari e altro… Sono quadri che, pur avendo scarso o nessun valore artistico, sono tuttavia delle preziose testimonianze dell’amore del popolo devoto verso la Vergine Madre di Dio.

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Verso la fine del secolo compaiono e si moltiplicano i quadri con stampe su carta, mentre le tele diventano più rare o scompaiono del tutto. Il modello che più si afferma è quello in cui la Madonna indossa una veste rossa, il mantello celeste e il velo giallo, su un alone di luce dietro il capo. Sono colori che con il loro simbolismo rimandano indubbiamente al mondo divino: il rosso fa pensare all’amore, il celeste al colore del Cielo, il giallo al colore del sole e alla luce divina! Non mancano anche immagini in cui compare il velo nero come nell’affresco, ma su un abito dai colori vivi.

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Gli elementi decorativi che la devozione popolare ha aggiunto esternamente alle tele della Madonna dell’Altomare sono stati inizialmente la ghirlanda di fiori artificiali (come si nota nel telo di lino del 1899 e nella cartolina del 1910); poi la rosa, prima applicata e poi stampata su carta, a cominciare dall’evento della incoronazione (3 Settembre 1899); infine, la serie di lucine attorno al quadro.
A proposito di luci, va notato che nelle case dei devoti ancora attualmente è diffusa l’usanza di tenere sempre accesa, notte e giorno, davanti all’immagine di Maria SS.ma dell’ Altomare una sola luce; il martedì, invece, vine accesa tutta la serie di lampadine che circonda il quadro. Queste per lo più sono applicate esternamente al bordo della tela all’interno della cornice. In alcuni casi, però, il desiderio di illuminare l’immagine della Madonna ha spinto il devoto persino a bucare la cornice di legno e la tela stessa al fine di inserirvi piccole lampadine formato fiammella e avere così l’effetto luminoso attorno al quadro e lungo il tracciato della croce e dell’aureola; in tal modo molte tele e cornici di valore sono state irrimediabilmente deturpate.

Dopo il restauro dell’affresco avvenuto nel 1956, l’autorità ecclesiastica dispose che l’unica immagine da diffondere, nella forma del santino e in quella più grande del quadro da muro, fosse quella che riproduce l’affresco.
All’inizio il popolo devoto fece molta fatica ad accettare questa disposizione; ma col tempo poi cercò di adeguarsi, anche se al di fuori del santuario altri negozietti di oggetti religiosi diffondono ancora le immagini più colorate non più autorizzate! Inoltre, negli ultimi anni, alla morte degli anziani genitori, più di uno ha offerto al santuario le tele della Madonna dell’Altomare (anche dipinti su carta) che nessuno degli eredi intende tenere in casa, perché oggi le dimensioni di un tempo sembrano “ingombranti” o forse perché l’arredo a soggetto religioso non è più di moda; e pur tuttavia tale gesto è sentito come un rifiuto nei confronti della Madonna e quindi causa di un insopportabile senso di colpa, in qualche modo attutito dal sapere che il quadro è stato consegnato al santuario!

Mi perdonino gli esperti in Storia dell’Arte se mi sono cimentato in questo lavoro di ricerca e analisi sulle tele della Madonna dell’Altomare: non l’ho fatto per presunzione, perchè rimango un incompetente della materia, ma desideravo tentare di formulare delle risposte ai tanti interrogativi suscitati dalla iconografia di Maria SS. dell’Altomare. Se gli esperti volessero aiutarmi con i loro suggerimenti a formulare ipotesi più fondate, sarei loro immensamente grato.
don Antonio Basile

Questa tela è probabilmente il modello al quale si è ispirato l’anonimo pittore per trasferire l’immagine di Maria SS.ma dell’ Altomare dall’affresco sulla tela. La figura femminile (Santa Sofia?) è ritratta in atteggiamento chiaramente regale, come evidenziano gli attributi iconografici della corona e dello scettro; essa indossa una tunica di colore rosso, fermata alla vita dalla cintura, e un mantello di colore blu scuro; la mano sinistra regge un libro; un velo trasparente sotto la corona regale copre il capo e scende leggero sulle spalle, lasciando ben visibili i capelli; un delicato merletto orna il bordo superiore della tunica intorno al collo.

La tela è incredibilmente simile al modello che chiamiamo di Santa Sofia, con alcuni adattamenti. Lo scettro è sostituito dalla croce. Sul libro compare la scritta: MARIA SS. DELL’ ALTOMARE 1877. Il velo sul capo è meno trasparente e di colore marrone chiaro come quello della corona. Un velo trasparente di tulle bianco gira intorno al collo a mo’ di ampia collana, lasciando ben visibile il merletto bianco che orna il bordo superiore della sottostante tunica. I colori della tunica e del manto sono meno carichi e più schiariti. Il velo sul capo è distinto dal manto sulle spalle. La mano destra è impreziosita con un vistoso anello con pietra colorata.

La tela è appartenuta alla famiglia del sacerdote NICOLA ZINNI, Parroco della SS.ma Annunziata tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Pur ispirandosi al modello di Santa Sofia, la figura della Madonna presenta un volto più materno che ispira fiducia e abbandono; conserva l’emblema della regalità, la corona, ma perde quello dello scettro che è sostituito dalla croce; l’abbigliamento del capo nasconde totalmente la capigliatura femminile e richiama così più direttamente il modo di vestire delle monache, come nell’affresco.
L’ampio velo azzurro dal capo scende sull’intera persona, rivestita di una tunica rossa, unificando praticamente i due elementi del velo e del manto. Sul libro compare la scritta: MARIA DELL’ ALTOMARE 1876. La data fa pensare che si tratti del primo tentativo, per altro ben riuscito, di dipingere la Madonna ispirandosi al modello di Santa Sofia. Altre tele, con la stessa data e molto simili tra loro nella composizione pittorica dell’immagine, suggeriscono di attribuirne la paternità allo stesso ignoto pittore.

La tela è molto simile a quella appartenuta al Parroco Zinni: riporta la stessa data, ma ha anche qualche lieve variante. I colori dell’abito della Madonna sono meno carichi, tanto che il rosso della tunica appare un po’ sbiadito. Il velo-manto è molto più aperto sul davanti della persona, fino ad evidenziare lomero destro con il braccio quasi del tutto scoperto. La scritta sul libro è leggermente diversa: una S. precede la parola Maria e una DI precede la parola Altomare. Il primo proprietario fu Caterina Di Molfetta, nata il 06 Dicembre 1855 da Ottavio e Papagno Anna Maria, e poi andata sposa di Palumbo Vincenzo. Il quadro era ritenuto miracoloso e nonna Caterina consentiva che fosse portato di casa in casa, come in pellegrinaggio: le sei macchie oscure presenti sulla tela, ritenute gocce di sangue, suscitavano curiosità e devozione tale da spingere chi aveva qualche grave problema a fare delle donazioni in oro. Il popolo devoto accorreva numeroso agli incontri di preghiera, ma il Clero nutriva una crescente diffidenza, temendo che il fenomeno devozionale potesse scadere nella superstizione. Nel 1915 il vescovo diocesano Mons. Giuseppe Staiti intervenne: chiese ed ottenne che gli ori ex voto donati alla Madonna venissero consegnati alla Curia Vescovile. Nonna Caterina accettò umilmente la richiesta del Vescovo e, prima di morire, dispose che il quadro dovesse andare in eredità di padre in figlio.

(Queste notizie sono state fomite dalla nipote, Angela Palumbo)

La tela porta la data del 1878, è molto simile alle precedenti, ma contiene delle varianti che la allontanano alquanto dal primo modello. Il volto e l’impostazione globale della figura rivelano una mano pittorica piuttosto buona, ma compaiono i primi elementi di ricercatezza: un alone giallo ben marcato è posto dietro il capo della Madonna; gli anelli diventano due, uno per mano; velo e cintura mostrano un grosso nodo con nastro pendente; piccoli veli trasparenti appena percettibili compaiono intorno ai polsi. La croce sulla spalla destra, pur conservando una leggera prospettiva, appare meno delicata; la mano destra non è più appoggiata sulla croce, ma la impugna; la corona sul capo appare più tozza e meno rifinita.

 

La tela è del 1880, è praticamente identica alla precedente, ma scompare il nodo sul petto e la mano destra è nuovamente appoggiata sulla croce. La novità maggiore consiste nella sovrapposizione alla tela di una ghirlanda di fiori fatta di corallini, ornamento troppo vistoso e praticamente deturpante, e poi dall’aggiunta di ori donati alla Madonna per devozione (orecchini, anelli, collane). Va notata la doppia cornice: quella più antica è più interna, ed è protetta da quella più recente, che sembra ugualmente preziosa.

Questa tela del 1884 è appartenuta alla signora Angela Cannone, coniugata con Michele De Nigris, e da lei fu donata al sottoscritto. Poichè parzialmente bruciata e con il telaio ligneo spezzato, era stata abbandonata in cantina, forse in attesa di finire un giorno tra i rifiuti. Appena iniziata la ricerca delle tele antiche, la signora Angela chiese al suo Parroco: “Don Antonio, vieni~ casa per vedere una tela che ho ereditato da mia nonna. E molto rovinata ed ha una bruciatura vistosa sotto la fibbia della cintura della veste della Madonna, causata anni fa da un cero lasciato distrattamente acceso nella notte. Perciò fu accantonata in cantina”. Avendo intuito il suo desiderio di liberarsi di un oggetto non più utilizzabile, senza però portare lo scrupolo di rifiutare un segno di devozione, le chiesi: “Se questa tela non ti serve più e non sai cosa fame, posso prenderla io e tentare di restaurarla”. “Prendila, mi rispose, e fanne l’uso che ritieni più opportuno. Così sarò più tranquilla”. Io aggiunsi: “La doni alla Parrocchia o alla persona del Parroco?”. “Prendila tu personalmente!”, mi rispose. Il restauro fu effettuato nel laboratorio di Valerio Iaccarino e raggiunse il bel risultato di cancellare ogni traccia del foro causato nella tela dalla bruciatura.

La tela porta impressa la data del 1886 ed appartiene certamente ad un pittore meno esperto. La figura della Madonna è dipinta con lineamenti più imprecisi (vedi il labbro!) e con ornamenti più ridondanti: polsini con veli così trasparenti da essere appena percettibili; accanto al capo, al margine dell’alone luminoso, compaiono due teste alate; la corona non è più u imperiale”, aperta, ma è chiusa e meno rifinita; i colori della veste sono meno marcati, anzi quello della tunica pare proprio sbiadito; il libro non ha contorni definiti. Inoltre, il devoto ha ricoperto il manto azzurro con una infinità di stelline di carta dorata; anche il merletto del collo e dei polsini è ricoperto di stelline; pure la cintura pare ricoperta … ; la tela è circondata da una ghirlanda di fiori artificiali di colore dorato; gli ori devozionali (orecchini, collana, rosa nella mano sinistra) appesantiscono ulteriormente l’insieme dell’immagine. La doppia cornice sembra quella originale: all’interno quella dorata e all’esterno quella sottile di noce.

Verso la fine del secolo XIX comincia a comparire un modello che segna il passaggio dalla tela alla icona stampata su cartoncino, e che si colloca a metà strada tra l’abbigliamento monacale e quello più marcatamente celeste. Ecco le caratteristiche di un esemplare. La figura della Madonna è inserita in un ampio ovale. Gli spazi residui dei quattro angoli sono riempiti da identici motivi ornamentali. La corona è ben disegnata con linee sottili e si chiude in alto con una crocetta. Un alone circolare e di colore giallo come un sole è posto dietro il capo. Un alone più esterno, e di colore fortemente sbiadito per creare contrasto, contiene al suo interno una corona di dodici stelle dorate. Lo sfondo dell1intero ovale che contiene l’immagine è di colore blu scuro. Un velo nero con bordino bianco copre il capo e scende sulle spalle, come nell’affresco. Un manto blu scuro, sotto il velo nero, copre le spalle e l’intera persona, ma lascia scoperta ampiamente la parte anteriore della tunica di colore rosso sbiadito e tenuta ai fianchi da una cintura. Le braccia raccolte sul petto, mentre reggono nelle pieghe l’ampio mantello, lasciano vedere i polsi della tunica. La croce impugnata dalla mano destra ha perso ogni prospettiva. Il libro nella mano sinistra è più sottile e di colore molto scuro; la data è sostituita da una stella ornamentale. Le cornici sembrano addirittura tre: un telaio interno, una cornice dorata e una cornice esterna più scura.

Il quadro rivela diversi segni di manomissione: la struttura è quella della doppia cornice, quella interna dorata inserita in un’altra di legno scuro; l’originaria cornice interna dorata sembra sostituita da un’altra cornice pure dorata più ampia che copre parte dell’immagine in tutto il perimetro: risultano coperte le parti estreme dei gomiti, della croce, della corona, della tunica al di sotto la cintura. La tela porta sulla sinistra dell’immagine la scritta SAVINO BUNOME, forse il nome del committente o del pittore; sul libro si legge: MARIA SANTISSIMO DI AL MARE 1805. Gli errori di scrittura rivelano che il pittore, forse analfabeta, ha scritto copiando un modello. L’attuale proprietaria del quadro ha dichiarato che la data giusta è quella del 1905. A causa di questo errore il committente non volle più acquistare il quadro dal pittore. Di questo ne approfittò sua madre che acquistò il quadro a buon mercato …